… monaco (4)

“Santo Padre”

 

Paolo VI

Vita monastica e mondo moderno. «…A Noi è dato portare ora altra testimonianza, che non quella sull’indole della vita monastica; e la esprimiamo in un semplice enunciato: la Chiesa ha bisogno ancor oggi di cotesta forma di vita religiosa; il mondo ancor oggi ne ha bisogno. Ci dispensiamo di recarne le prove, che del resto ciascuno vede scaturire da sé dalla sola nostra affermazione: sì, la Chiesa ed il mondo, per differenti ma convergenti ragioni, hanno bisogno che san Benedetto esca dalla comunità ecclesiale e sociale, e si circondi del suo recinto di solitudine e di silenzio, e di lì ci faccia ascoltare l’incantevole accento della sua pacata ed assorta preghiera, di lì quasi ci lusinghi e ci chiami alle sue soglie claustrali, per offrirci il quadro di un’officina del «divino servizio», d’una piccola società ideale, dove finalmente regna l’amore, l’obbedienza, l’innocenza, la libertà dalle cose e l’arte di bene usarle, la prevalenza dello spirito, la pace in una parola, il Vangelo. San Benedetto ritorni per aiutarci a ricuperare la vita personale; quella vita personale, di cui oggi abbiamo brama ed affanno, e che lo sviluppo della vita moderna, a cui si deve il desiderio esasperato dell’ essere noi stessi, soffoca mentre lo risveglia, delude mentre lo fa cosciente.
Ed è questa sete di vera vita personale, che conserva all’ideale monastico la sua attualità»

 

Apostolicità dei monaci. «In un mondo – quale, per varie cause, risulta essere il nostro – dimentico di Dio, negatore di Dio, voi, con una vita umile e nascosta, austera ma ricca di umanità, rimanendo stabili nei vostri monasteri esercitate sugli uomini un fascino arcano e quasi sacro. Vi rassicura la vostra Regola: Sappiamo per fede che Dio è ovunque presente. La vostra presenza diventa segno e manifestazione della presenza di Dio fra gli uomini. Voi cantate: chi ascolta? Voi celebrate i divini misteri: chi vi presta attenzione? Sembra che l’incomprensione vi circondi, la solitudine vi mortifichi. Ma non è così. Qualcuno avverte che voi avete acceso un fuoco; qualcuno si accorge che dal vostro chiostro luce e calore si effondono; qualcuno si ferma, guarda, considera. Voi siete per il mondo di oggi un richiamo. Offrite uno stimolo alla riflessione, spesso salutare e rigeneratore. A condizione però che la vostra vita monastica sia perfetta. Perfetta nello stile, quale l’antica Regola benedettina ha saputo delineare; perfetta nelle virtù morali; nella gravità, specialmente, nella bontà, virtù che sembrano caratterizzare il vostro austero e umano grande padre Benedetto; perfetta soprattutto nello spirito religioso, che fa anteporre a tutto l’amore del Cristo; così esorta la Regola: Nulla anteporre all’ amore del Cristo; perfetta infine nella fedele adesione alla santa Chiesa.

Perciò da veri figli e seguaci di san Benedetto continuate con fiducia e costanza il vostro cammino. Ne conoscete molto bene la direzione, le difficoltà, la bellezza…»

 

Il recupero dell’uomo. «L’eccitazione, il frastuono, la febbrilità, l’esteriorità, la moltitudine, minacciano l’interiorità dell’uomo; gli manca il silenzio con la sua genuina parola interiore,, gli manca l’ordine, gli manca la preghiera, gli manca la pace, gli manca se stesso. Per riavere dominio e godimento spirituale di sé ha bisogno di riaffacciarsi al chiostro benedettino. E ricuperato l’uomo a se stesso nella disciplina monastica, è ricuperato alla Chiesa».

 

Il monaco nella Chiesa. «In realtà egli (S. Pier Damiani) della Chiesa predica anzitutto l’unità e l’universalità, che sono significate in un modo davvero singolare nel mistero eucaristico e che questo insieme realizzano, che la Chiesa stessa sia cioè una sola in molte persone e tutta intera nei singoli (S. Pier Damiani, Op. XI, 10, PL 145,235-236). Ogni monaco perciò, sebbene viva in solitudine e separato dalla lontananza, è presentissimo (ibid.) e prende parte pienamente e realissimamente alla sua vita».

 

«Il genere di santità praticato da Charbel Makhlouf ha un grande peso non soltanto per la gloria di Dio, ma per la vitalità della Chiesa. Nella Chiesa….occorrono anche persone che si offrano come vittime per la salvezza del mondo, nella penitenza liberamente accettata, nell’incessante preghiera di intercessione, come Mosè sul monte, nella ricerca appassionata dell’Assoluto, testimoniando che Dio vale la pena di essere adorato ed amato per se stesso. Lo stile di vita di questi religiosi, di questi monaci, di questi eremiti non è proposto a tutti come un carisma da imitare; ma allo stato puro, in modo radicale, essi incarnano uno spirito da cui nessun fedele di Cristo è dispensato, essi esercitano una funzione di cui la Chiesa non saprebbe fare a meno, richiamano un cammino salutare per tutti».

«Contemplare, cioè tendere a Dio con il pensiero e con il cuore, è, in certa misura, di tutti, in quanto tutti devono impegnare nella preghiera le facoltà più alte dello spirito, ossia quelle del meditare e dell’amare».

 Chi è il monaco. «Voi siete monaci; siete cioè uomini singolari, che separandovi, in qualche modo, dal consorzio della vita secolare, vi siete rifugiati nella solitudine, non solo esteriore, ma anche interiore, nel raccoglimento; siete uomini dati al silenzio e alla preghiera; perciò ognuno di voi, come il vostro Patriarca e Fondatore, desideroso di piacere a Dio solo, è rientrato in se stesso, pago soltanto delle ricchezze dello spirito. Siete gli instancabili ricercatori di Dio; e in ordine a questa scelta è stata provata la vostra vocazione, come dice la vostra Regola: Se egli cerca veramente Dio. Siete perciò totalmente consacrati allo studio della divina presenza e all’arte dell’ineffabile conversazione con Cristo e con Dio; siete esperti delle cose invisibili, che sono le più vere, le più reali. Per questo vorremmo ascoltare voi; voi, vigilanti nel crepuscolo della vita presente e profeti dell’ aurora che sta dinanzi a tutti i fedeli».

 

Giovanni Paolo II

Il monaco per il mondo
«… La vostra specifica ed eroica vocazione non vi pone ai margini della Chiesa; essa vi colloca anzi al cuore stesso di essa […]. La Chiesa vi stima, conta molto sulla vostra testimonianza, confida sulle vostre preghiere. […].
Date con la vostra vita testimonianza del vostro amore a Dio. Il mondo vi guarda e, forse inconsapevolmente, molto si attende dalla vostra vita contemplativa. Continuate a porre sotto i suoi occhi la “provocazione” di un modo di vivere che, pur intriso di sofferenza, di solitudine e di silenzio, fa zampillare in voi la sorgente di una gioia sempre nuova. […]
Voi da questo monastero siete chiamati ad essere lampade che illuminano la via su cui camminano tanti fratelli e sorelle sparsi nel mondo; sappiate sempre aiutare chi ha bisogno della vostra preghiera e della vostra serenità. Pur nella felice condizione di aver scelto con la sorella di Marta, Maria, “la parte migliore che non le sarà tolta”, non siete posti al di fuori delle situazioni dei fratelli, che bussano al vostro luogo di solitudine. Essi portano a voi i loro problemi, le loro sofferenze, le difficoltà che accompagnano questa vita: voi – pur nel rispetto delle esigenze della vostra vita contemplativa – date loro la gioia di Dio, assicurandoli che pregherete per loro, che offrirete la vostra ascesi, perché anche loro attingano forza e coraggio alla fonte della vita, che è Cristo. Essi vi offrono l’inquietudine dell’umanità; voi fate loro scoprire che Dio è la sorgente della vera pace. Infatti, per usare un’espressione di San Bruno, “vi può essere qualcosa di più buono che Dio? Anzi, quale altro bene vi può essere fuori di Dio solo?”».

«I vostri monasteri sono il luogo dove voi, innanzitutto, avete conosciuto Gesù di Nazareth, dove lo accogliete come ospite e compagno. E saranno anche il luogo dove altri uomini, altre donne del nostro tempo cercano i segni della presenza di Cristo, della fraternità di Cristo, della carità di Cristo, della santità di Cristo».

 

Benedetto XVI

«… Per questo sono venuto qui, cari fratelli che formate la comunità certosina di Serra San Bruno! Per dirvi che la Chiesa ha bisogno di voi, e che voi avete bisogno della Chiesa. Il vostro posto non è marginale: nessuna vocazione è marginale nel Popolo di Dio: siamo un unico corpo in cui ogni membro è importante e ha la medesima dignità, ed è inseparabile dal tutto. Anche voi, che vivete in un volontario isolamento, siete in realtà nel cuore della Chiesa, e fate scorrere nelle sue vene il sangue puro della contemplazione e dell’amore di Dio»