La vita monastica a San Valeriano

 

GLI INIZIChiesa02

“Montecroce”, così si chiamava il colle del Monferrato su cui, agli inizi degli anni settanta, un sacerdote, seguito poi da altre persone, voleva rivivere l’esperienza orante ed austera dei primi monaci. Di quel luogo la Fraternità ha mantenuto il nome: “Fraternità monastica di Montecroce“, che oggi vive tra i boschi che circondano un vecchio santuario, a S. Valeriano di Cumiana (TO).

I grandi valori che la tradizione monastica ha tramandato, abbiamo cercato prima di tutto di viverli, e solo in un secondo momento li abbiamo anche stesi per iscritto: ne è nato un Progetto di vita, cioè una regola che orienta la vita della Fraternità, che nel 1982 ha avuto l’approvazione giuridica, con decreto, di mons. Carlo Cavalla, Vescovo di Casale Monferrato. Era il segno più autorevole che il cammino della Fraternità era pienamente ecclesiale.

Ma saliamo, per un giorno, fino a S. Valeriano, per scoprire come si vive lassù, in un luogo così vicino ai nostri paesi e alle nostre strade, ma dove pare che i ritmi di vita siano quelli di un altro mondo.

 LA PREGHIERA

Arrivando a San Valeriano non troviamo cancelli sprangati o grossi cani da guardia, ma solo alcuni cartelli che ci avvisano: è un luogo di preghiera.

 La cornice serve a questo scopo: piante e fiori curati, che aiutano a leggere la presenza di Dio nel Creato; ma soprattutto il silenzio: i rumori si odono in lontananza, l’animo si può raccogliere nella pace e può finalmente parlare con Dio. Questo silenzio è ciò che meraviglia di più colui che arriva per la prima volta, perché non è il silenzio vuoto di una Immagine 614casa o una strada deserte, ma il silenzio di una Presenza che ritroveremo ovunque: la presenza di Dio.

La preghiera, come avverte l’Orario che sta all’ingresso del monastero, scandisce i diversi momenti della giornata: è il primo lavoro, subito dopo la levata, alle 5 del mattino (Ufficio delle Letture e Lodi mattutine); segna la pausa di mezzogiorno (Ora sesta) e riprende nel pomeriggio, alle ore 15, con l’Ora Nona e più tardi, alle 18, con il canto dei Vespri; infine chiude la giornata con la Compieta.

Questi momenti di preghiera comunitaria vengono detti “Liturgia delle Ore”: è la preghiera e il canto di Salmi e Inni con cui già il popolo di Israele pregava, con cui Cristo stesso, e poi la Chiesa, in questi duemila anni hanno pregato.

Il momento culminante della preghiera è però la celebrazione, quotidiana, dell’Eucarestia: è il grazie che l’uomo dice a Dio per tutti i doni ricevuti ed è un andare alla fonte della Vita per ricevere il nutrimento per la propria fede.

Ogni giorno, ancora, ci prostriamo per un’ora in Adorazione, davanti al SS. Sacramento, e ogni giorno ci fermiamo a leggere e a pregare con la Parola di Dio: è il momento della Lectio divina, dell’ascolto di Dio che parla attraverso la Bibbia.

Ed infine, al termine della giornata, come ogni bambino desidera addormentarsi tra le braccia della madre, così a S. Valeriano ci affidiamo, con la preghiera del Rosario, alle braccia materne di Maria, Madre della Chiesa.

IL LAVORO

 Lavoro? Sì, almeno 4 ore di lavoro ogni giorno:    coltivare i campi, accudire il bestiame, curare l’orto, procurarsi la legna per riscaldarsi d’inverno… Lavori umili, manuali, che non distolgono il cuore dal colloquio con Dio, che ci rendono solidali con tutti gli uomini che faticano a vivere, che servono a procurarsi il cibo necessario. Lavori, infine, fatti con il massimo impegno ma senza mai diventare attività febbrile, senza la preoccupazione di “quanto possano rendere” in denaro. Anzi, una parte dei raccolti è regalata abiblioteca chi è nel bisogno, anche perché i prodotti, specie cerealicoli, sono coltivati biologicamente: è un modo semplice per aiutare a “bonificare” l’alimentazione e l’habitat.

Del tempo lo dedichiamo anche ad un lavoro più “intellettuale”: la lettura di giornali e riviste che ci aiutano a tenere lo sguardo sui drammi dell’umanità per presentarli, nella preghiera, davanti al Signore; ed ancora studio e lettura di testi patristici e di tutta la Tradizione della Chiesa, per andare alla scuola di chi, in modo mirabile, ci ha preceduto sulle strade della santità.

L’ACCOGLIENZA

 Preghiera, lavoro, studio: questa è la vita dei monaci. Ma non solo. Chiunque, purchè animato dal desiderio di cercare Dio nella preghiera, nel silenzio e nella austerità, può condividere la giornata della Fraternità. Le porte sono aperte: si può trovare un ambiente adatto alla preghiera e delle persone disposte ad offrire un aiuto spirituale a chi lo richiede.
La fraternità diventa così una “tenda aperta” per molti laici, sacerdoti, religiosi…

 

 IN POVERTÀ

 Ogni permanenza in comunità si conclude con l’impegno della Fraternità di seguire nella preghiera il fratello accolto, e con l’inevitabile domanda di quest’ultimo: “Quanto fa?”. “Nulla, se non la gioia di aiutarsi a crescere nella fede”.

Non accettiamo, infatti, offerte in denaro: la scelta della povertà è importante quasi quanto la preghiera, per la Fraternità. Dunque nessun lavoro retribuito, nessun conto in banca che copra le spalle, nessuna richiesta di offerte per necessità interne, ma solo per appelli di aiuto che giungono dai poveri, dal Terzo Mondo.

E’ un modo, questo, di testimoniare la bellezza della gratuità e la gioia dell’esperienza della Provvidenza, che ha mani e cuore di carne.

IN COMUNIONE

  Vivificati e chiamati dalla comunione Trinitaria, ci sentiamo spinti a fare comunione-comunità in Cristo nella fraternità monastica, per meglio rispondere al dono della Sua chiamata ed essere “un cuor solo e un’anima sola” (cfr. At 4,32).

Poichè il culmine della Rivelazione consiste essenzialmente in questo: che Dio e’ Padre, che e’ amore, e che tutti noi siamo fratelli, e che come tali dobbiamo amarci gli uni gli altri, come Cristo ci ha amati (cfr. Gv 13).

Così la comunità-amore è sì una fatica, ma è un grande e splendido dono di Dio.

 

TRA LE GIOVANI CHIESEtabernacolo08

   Chiunque entri nella cappellina di S. Valeriano vi trova anche un pezzetto di Africa: un crocifisso e il tabernacolo provenienti dal Continente nero. Perché? Perché da sempre la Fraternità ha espresso il desiderio di vivere il suo “Progetto di vita”, in piccole fraternità, tra le Chiese più giovani, ma anche più povere, nel Terzo mondo o nell’Est europeo.

Questo desiderio ha già avuto più di un’occasione per tradursi in realtà: non sono mancate le proposte, gli inviti ad emigrare in America Latina, Africa, Sud-Est asiatico, Europa dell’Est.

Quando un germoglio della Fraternità sarà innestato sulla pianta di una “giovane Chiesa”? Quando il Signore vorrà, si accresceranno le forze e qualche giovane deciderà di offrire la sua vita a Cristo e alla Chiesa, in questa forma.

Fratello,

forse hai camminato faticosamente nella vita, hai cercato a lungo e non hai trovato… eppure cerchi ancora.

Se senti dentro di te fortemente il bisogno di infinito e di abbeverarti ad una fonte che disseti la tua anima…

Se in te alberga l’umiltà profonda di accogliere l’esperienza inebriante di Dio che tanti uomini, nei secoli passati, hanno vissuto con intensità incommensurabile…

Se tocchi con mano la triste esperienza dell’egoismo di strutture e di uomini, e quindi cerchi perdutamente solidarietà e comunione…

Se ami davvero i poveri, non solo con slogans e sporadici aiuti, desiderando essere povero come Cristo, per condividere la povertà di molti…

allora

VIENI E VEDI

(Gv 1,46)