Dalle lettere

[…] Sappi che Cristo è esigente, vuole il profondo di noi stessi. Ecco perché devi dimenticarti, dimenticare quello che sei e quello che fai, per essere solo e tutto di Lui. Devi essere libero da te stesso: così Cristo può abitare in te e “cenare con te”.
Una penitenza, tra le altre: cura, nell’umiltà, la tua salute. Non si può vivere in pienezza quando questa scricchiola.
Prego per te, certo del contraccambio.

Carissimi,
mi siete vicini come figli.
Mi è facile pregare per voi. Sì, prego con tutto il cuore perché siate fedeli alla vostra vocazione di monaci:
ricercatori veri e continui del volto di Dio, immergendovi in Lui;
costruttori della comunione, pagando di persona e morendo al proprio io;
innamorati ed appassionati degli uomini, dei loro problemi e drammi;
con spiccato senso della Chiesa, come Madre, le cui ansie sono le nostre e che offriamo al Padre nella preghiera;
ed infine devoti alla “Madonna dell’Ascolto”, come bambini, da Lei accompagnati.
Sono certo che pregate per me.
Vi voglio bene nel Signore

[…] pregando, stamani, per l’unità delle Chiese, ho pregato e prego pure per l’unità-comunione nella nostra fraternità.
Siamo veramente “un solo corpo”, “membra gli uni degli altri”, formiamo un “noi”.
Così annunceremo ed evangelizzeremo.
Il cammino è, con la grazia di Dio, il morire ogni giorno a se stessi.
Vi porto nel cuore

Carissimi,
la lontananza, oltre alla nostalgia, crea legami profondi.
Vi penso con affetto e prego per voi. Supplico il Signore perché ci dia fedeltà vera, concreta e radicale al Suo progetto. Accettando con pazienza ed offrendo a Lui i nostri limiti, di salute, di tempo e di difficoltà.
Vivendo nella pace interiore, che sprigiona quella esteriore, fatta di silenzio, equilibrio, serenità; la pace esteriore ed il “fare bene ciò che è possibile” custodisce la pace interiore.

[…] abbiamo ricevuto un grande dono con la nostra vocazione.
Dobbiamo però viverla intensamente. Da innamorati del Signore. Con una carica profonda che emerge dal nostro essere. Con vera passione per tutti gli uomini, la Chiesa, per amore di Cristo. Ma sempre nella pace.
Nessuno deve avvicinarci, senza portare poi in sé interrogativi e speranze.

[…] Capisco sempre più che vi è una sola cosa necessaria: la nostra santificazione.
Altrimenti, perché vivere da monaci a San Valeriano?
Dobbiamo camminare sempre con più coraggio e generosità, facendo morire l’uomo vecchio, il nostro io, le nostre preoccupazioni, per vivere immersi in Dio ed offrire così la sua esperienza di amore agli ospiti.
La gioia e la pace profonda devono essere l’espressione tangibile del nostro cammino.
Vi raccomando pure di custodire un po’ la vostra salute, per non essere troppo presto un “ferro vecchio”, come me.

[…] Non abbiate paura dei vostri limiti: ci aiutano ad essere umili, tanto umili, per ottenere la misericordia e la grazia di Dio.

[…] La Grazia non mancherà mai, e sarà in abbondanza, se sarai umile, obbediente, in continua supplica e preghiera.
Non badare troppo a te, ma a Lui. Abbi lo sguardo di amore fisso in Lui. E, con semplicità infantile, fatti condurre a Lui, per mano, dalla Madonna.

La grande tradizione monastica di tutti i tempi è fatta di prolungata contemplazione, di silenzio profondo, di povertà e di comunione.
Noi abbiamo da Dio un grande tesoro, nelle nostre povere mani. Può crescere e brillare, oppure perdersi ed offuscarsi.
Dobbiamo difendere questo tesoro da qualsiasi preoccupazione, perché la pace ed il silenzio (esichìa) lo custodiscono.
È certo che la grazia di Dio è al primo posto, però questa è ottenuta, oltrechè dalla preghiera e dai sacramenti, da un’umiltà radicale e dall’obbedienza pronta, senza condizioni.
Sì, così avremo pace, gioia, comunione e saremo trasparenti e meriteremo vocazioni.